Biografia

(Venezia, 18 settembre 1899 – Venezia, 28 marzo 1971)

Figlio di Pietro, proprietario di una bottega di falegnameria attiva in città e regolarmente chiamato ad occuparsi delle pratiche riguardanti l’allestimento delle sale della Biennale d’Arte, Cosimo Privato nasce a Venezia nel 1899.

Nell’anno scolastico 1919-1920 è ammesso alla Reale Scuola Superiore d’Arte applicata alle Industrie (ampliamento dell’originaria Scuola Veneta d’Arte), con sede nell’antico convento dei Carmini, dove frequenta la sezione di decorazione pittorica ed ottiene in seguito l’abilitazione all’insegnamento artistico professionale.

Come molti giovani artisti della stessa generazione (da Juti Ravenna a Neno Mori, da Eugenio Da Venezia a Luigi Scarpa Croce), si rivolge, per un primo “vaglio” della sua produzione, all’attività dell’Opera Bevilacqua La Masa, che dal 1908 riserva ai giovani artisti la possibilità di esporre nelle sale di Ca’ Pesaro. Non accettato dalla giuria del 1919 (anno della ripresa delle mostre organizzate da Nino Barbantini dopo la parentesi imposta dalla prima guerra mondiale), Privato può esordire alla collettiva annuale del 1920 con tre opere (L’eremitaggio, Autoritratto, Ritratto). Sebbene si tratti di un’edizione particolare, sguarnita dei protagonisti della prima stagione capesarina – imperversava infatti la protesta degli artisti “dissidenti”, che esponevano parallelamente presso la galleria Geri Boralevi in Piazza San Marco – essa rappresenta per l’artista l’inizio di una partecipazione continuativa agli appuntamenti della Bevilacqua La Masa, cui interverrà fino alla trentunesima edizione del 1940.

Dal 1922 al 1923 gli viene concesso, al terzo piano di Ca’ Pesaro, uno studio per esercitare la sua attività artistica (assegnazione rinnovata per il triennio 1925-1927); nel 1932 è inoltre membro, insieme a Carlo Dalla Zorza, Juti Ravenna, Bruno Saetti e Toni Lucarda, della giuria di accettazione della mostra.

È indubbiamente a partire dalla metà degli anni Venti che la sua opera raggiunge una considerevole notorietà in ambito locale e nazionale. Dal 1926 al 1938 i suoi dipinti compaiono all’Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, dove si distingue fra i più giovani espositori; negli stessi anni, partecipa anche alle mostre di arte italiana organizzate all’estero dalla stessa Biennale (ne è esempio, nel 1933, l’esposizione di arte italiana moderna organizzata dal Sindacato Nazionale Fascista Belle Arti e presentata da Antonio Maraini presso la Künstlerhaus di Vienna).

Si possono ricordare inoltre, nel contesto italiano degli anni Venti e Trenta, le importanti partecipazioni alla III Biennale Romana (1925) e alla II Quadriennale di Roma (1935), alle Esposizioni Internazionali di Belle Arti di Fiume (1925, 1927), alle esposizioni organizzate dalla Società per le Belle Arti di Milano (1924, 1925) e alle Esposizioni Sindacali delle Tre Venezie. I numerosi acquisti avvenuti in occasione delle esposizioni (da parte del Re Vittorio Emanuele III, della Città di Bari, della Cassa di Risparmio di Venezia, del Comune di Venezia, della Prefettura di Venezia, del Ministero dell’Educazione Nazionale, della Banca d’Italia) ne confermano l’apprezzamento ricevuto

Privato si distingue anche nell’ambito della decorazione monumentale: nel 1928 si aggiudica il concorso per l’ideazione e l’esecuzione di cartoni per la decorazione a mosaico della sala del ricevimento di Palazzo Reale al Cairo, ricevendo gli elogi di re Fu’ad I. Si ricorda infine, tra i viaggi che conducono l’artista al di fuori della città natale e che offrono quindi l’opportunità di un rinnovo dei soggetti pittorici, il lungo tragitto in mare intrapreso con il collega Domenico Mori nel 1935 sulla petroliera Nevona, delle Imprese Navali di Venezia, diretta a Costanza: la navigazione sarà per entrambi oggetto di numerose opere (Burrasca del Mar Nero, Stretto dei Dardanelli, Isola di Marmara, Costa dalmata), poi esposte presso la galleria Bauer di via XXII Marzo.

Pur tarda, se considerata in relazione ai tempi e al coevo sviluppo delle correnti d’avanguardia, la prolifica stagione degli anni Venti e Trenta costituisce un significativo tassello della tradizione figurativa d’area veneta e veneziana: la produzione pittorica dell’artista mostra infatti notevoli pregi tanto nella stesura del colore, grazie all’agilità della pennellata e alla sapiente scelta delle tonalità, quanto nell’ideazione e nella resa dei soggetti; se ad essere prediletto è il genere del ritratto, e più in generale della composizione con figura, Privato non manca di inventiva e nel corso degli anni dà vita ad un eclettico catalogo di personaggi e situazioni, mostrando una spiccata vena decorativa congiunta a vivaci doti di narratore.

Nelle scene di vita quotidiana, descritte con tagli inconsueti (Per il bagno, 1932, Sartoria 1936), e nelle numerose scene di genere (Ballo popolare, 1934), sovente sviluppate in insiemi complessi e articolati (Ogni giorno di più, 1933, Caffè ristorante, 1933), emerge il gusto per i soggetti popolari, unito ad un colorismo vivace, che si richiama alla tradizione favrettiana; le figure allampanate, dalle fisionomie semplificate, inserite in atmosfere mute e quasi “sospese” (L’anticamera del questore, 1930, Oggi sposi, 1932), che popolano i dipinti dei primi anni ’30, lasciano il posto ad una breve fase stilistica di impianto “novecentista”, maggiormente vicina alle solide figure di Ettore Tito (L’uomo del bove, 1935, Gente adriatica, 1937), cui si accompagnano riferimenti all’iconografia biblica e mitologica (Susanna e i vecchioni). Si distinguono, per la qualità della fattura, le figure femminili e i nudi ripresi in ambienti domestici e nell’atelier del pittore (Modella in studio, 1934, La sonata, 1936), caratterizzati da pennellate pastose e dalla luce dorata che ne esalta le forme (La toilette del mattino, 1938), oppure collocati all’esterno, in cornici naturali e idilliache (Primavera, 1937).

Negli anni Quaranta e soprattutto nel dopoguerra, l’attività espositiva di Privato risulta contenuta, a fronte di un progressivo ritiro dalla scena pubblica e da una sempre maggiore distanza dall’ambiente veneziano; si segnalano alcune personali tenute presso gallerie veneziane (alla galleria Venezia nel 1945, alla galleria Sandri nel 1946, alla galleria Ongania nel 1947) e la partecipazione al gruppo dei pittori “della Valigia”, riuniti attorno all’Hotel Gorizia. È piuttosto la Galleria Trieste di Mario Coscia ad ospitare con assiduità le mostre personali dell’artista dagli anni Quaranta alla fine degli anni Cinquanta (1941, 1947, 1950, 1951, 1952, 1954, 1956), in cui a prevalere sono le scene di genere (La mascherata, 1947) ed una rivisitazione, talvolta rapida e sommaria, dei soggetti che hanno costellato l’intero arco del suo percorso artistico. Muore a Venezia nel 1971.

Elisa Prete